Ormai la notte è scesa, arrivata puntuale anche oggi.
Sono qui seduto sul vecchio dondolo che mio padre costruì per mia madre ormai tanti anni fa, si dondolava guardando il mare avanti a se e ascoltando il rumore rilassante delle onde che si frastagliavano sulla riva sabbiosa nella nostra bella casetta marina.
Questo vecchio pezzo di legno è stato costruito così bene che non mostra nemmeno ora, dopo tanti anni, segni di cedimento, mio padre fece proprio un bel lavoro, lo devo ammettere.
Mentre siedo scruto l’orizzonte, il sole ormai sta tramontando e i ragazzi che fanno wind surf stanno rientrando verso riva, non deve essere stata una giornata particolarmente avvincente la in mare, il vento sta iniziando a soffiare solo ora.
Un vento forte, sento sbattere gli scuri delle finestre e le porte dietro di me, ma non me ne importa, non ho tempo di curarmene ora, voglio solo stare qui, guardare lontano e farmi sopraffarre dall’arrivo della notte, non ho voglia di muovermi, basta il movimento del dondolo, infondo qui ho tutto quello che mi serve, ho una bottiglia d’acqua, un pacchetto di marlboro rosse ancora mezzo pieno, un bottiglia di whisky, di quello buono, non ha un nome, me lo portò mio figlio da un viaggio negli Stati Uniti, la mia dose di eroina con tutto il neccessario, un foglio con una penna, la foto di mia moglie e i mie ragazzi e Sam, il mio fido mastino, l’unica cosa che forse sono riuscito a fare bene in questi ultimi tempi, almeno credo, è l’unico che non mi ha abbandonato.
C’è tutto per passare una nuova, triste, serata sulla veranda della villetta alla ricerca del mio scopo, ormai sono rimasto solo, gli amici non mi cercano più, mio figlio vive e lavora dall’altra parte della nazione e non può essere presente nella mia vita come forse avrei bisogno, i vicini di casa a settembre tornano tutti alle loro vite cittadine e quindi posso rimanere qui in totale silenzio e tranquillità.
Questa sera avevo però voglia di qualcosa di nuovo, di diverso, avevo voglia di spezzare il silenzio, di allontanarmi dalla malinconia del suono del mare, avevo voglia di musica, una bella musica calda, profonda, chissà che almeno con essa il mio cuore gelido non possa aumentare un po’ il battito.
Con un pò di riluttanza mi alzo dal dondolo e mi dirigo in casa, rovisto in mezzo alla polvere degli scaffali in soggiorno, ormai non sistemo da tanto di quel tempo che nemmeno me lo ricordo, quanti flash mi passano per la mente, quanti bei momenti passati in quella casa ormai in decadenza, i miei figli Giacomo e Marisa in spiaggia a giocare fino a sera con Jacob, il figlio della famiglia Schlaudraff, deliziosi Svizzeri nostri cari vicini per tanti anni.
Io seduto alla mia scrivania mentre scrivo qualche recensione per la rivista musicale con la quale collaboravo, quanto inchiostro versai su quel vecchio pezzo di legno ora tutta sgangherato, anche qualche bel libro di discreto successo venne fuori , infondo questo posto per me era magico.
Il mare, i figli felici e mia moglie, tutto quello che volevo era li, fortunatamente un brivido lungo la schiena e lo sbattere delle porte mi ridesta dai ricordi, scelgo un album di fretta e furia, il primo che mi capita a tiro, e torno subito indietro.
Torno in veranda dal mio dondolo, Sam si è appisolato, ormai anche lui inizia ad avere i suoi anni, la fatica delle corse su e giù per la spiaggia ora lo provano fortemente, spero di non svegliarlo con il suono della musica, anche se Sam ha sempre amato sentire quello che mettevo, soprattutto quando ascoltavamo vinili di musica rock anni 70′.
Mi accomodo di nuovo, appoggio lo stereo portatile sul tavolino, inserisco il cd ma nulla suona, diavolo, si devono essere scaricate le batterie, non provo neanche a tornare indietro, sarebbe inutile, dubito ci possano essere delle pile di scorta in quell’immondezzaio, le uniche cose che ho comprato negli ultimi mesi sono quaderni, penne e qualche grammo, abbondante, di eroina, mi devo arrendere all’evidenza purtroppo, lo stereo è morto, è tutto morto qui intorno l’unico vivo è il vecchio Sam e, forse, io.
Mi verso un goccio di whisky nel bicchiere, ma ormai nella bottiglia ci sono rimaste solo poco più di tre dita, allora perchè perdere tempo e fatica a versarlo quando posso abbeverarmi direttamente dalla bottiglia, qualche sorsata e tutto finisce giù, peccato sia finito, ora ho rimasto solo quello che mi ero versato nel bicchiere, devo centellinarlo bene, la notte è ancora molto lunga, però almeno già adesso non sento freddo, direi che è giunto il momento di preparami la mia dose, “il Ratto” mi ha detto che questa è roba buonissima quando me l’ha portata oggi pomeriggio, proviene dall’Asia, ora non ricordo bene da dove, eppure me lo ha detto, Afghanistan mi pare, sinceramente non mi importa molto, sto cercando solo una cosa.
Il vento sta soffiando sempre più forte, mi devo mettere ben nascosto verso il mio ventre per fare la dose senza correre il rischio che mi cada, non è un operazione facile, ma questa notte deve essere la notte, lo voglio con tutto me stesso, finalmente me la sento, non posso fallire, ho tutto per non sbagliare, il cucchiaino c’è, l’acqua è qui, il succo di limone per sciogliere la roba c’è,l’accendino è pronto, posso iniziare il mio lavor0.
Il profumo non sembra affatto male, finalmente è pronta, ci siamo, la mia dose è nella siringa, mi alzo le maniche e a fatica trovo un punto dove poter iniettare il veleno, trovo lo spazio, infilo la siringa, lo sento, sta entrando dentro di me, mi sto distruggendo da solo, è una sensazione piacevole, finalmente.
Capisco subito di aver raggiungo il mio scopo, non avevo mai avvertito una sensazione simile, questa volta “il ratto” ha fatto proprio un buon lavoro, è stata dura ma alla fine credo di avercela fatta, sento che il cuore inizia a pulsare più forte del normale, sembra voler scoppiare dalla cassa toracica, riesco a malapena a prendere il bicchiere e ad accendermi una sigaretta, devo ingoiare in fretta, appoggio il bicchieri e accarezzo il vecchio Sam, ciao amico, stammi bene, Simon, Marisa, finalmente, torno da voi.
Gianni Raisi venne trovato morto la mattina seguente da un gruppetto di windsurfer richiamati dai continui abbai di Sam, l’autopsia diagnotisca la morte per overdose da eroina, Gianni quella notte si iniettò una dose quattro volte superiore a quella che prendeva abitualmente.
Nel foglio sul tavolino c’era scritto solo un messaggio per il figlio Giacomo, “vivi sereno, raggiungici con calma, io non potevo più restare”.
Simon e Marisa, moglie e figlia di Gianni Raisi, morirono una domenica mattina mentre si dirigevano al mercato per far la spesa per il pranzo, furono travolte da una macchina con a bordo due ragazzi rientranti da una sera di eccessi e bagordi, entrambi risulteranno positivi agli esami tossicologici, erano fatti di eroina al momento dello scontro, probabilmente in quel momento non si accorsero di nulla, Gianni , purtroppo, non dimenticò mai.
Andrea.